tornando per un attimo all'eurolega, riporto il pezzo scritto da walter fuochi (responsabile del basket per repubblica, giornalista imolese) per il mio giornale
mi pare perfetto
"Sono state date, sul posto e tornando a casa, molte letture della sconfitta senese, di fronte a un’occasione forse irripetibile, ma credo ci sia molta sintetica semplicità nel giudizio finale che se ne estrae. Siena non ha giocato la sua semifinale contro il Pao esibendo una delle sue migliori edizioni. Tutt’altro e, senza dare il massimo, il Pao non lo batti, perché in fatto di esperienza, abitudine al comando, mestiere anche ruvido in campo, e carisma di grande club fuori dalle righe, ha qualcosa in più. La Siena al cento per cento (quella che fece fuori l’Olympiacos, per capirci), l’avrebbe battuta; quella troppo timida e dimessa, a lungo mala-mente sprecona ed anche, a suo dire, angariata dal metro arbitrale, non poteva farcela, e non ce l’ha fatta. All’indomani, dai suoi giocatori delusi e sconsolati, sono fluite le parole più franche sul ko: non siamo stati al massimo, abbiamo fatto errori banali, loro erano aggredibili, ma noi non li abbiamo aggrediti. Ma ribadendo l’antico assioma che, in ogni grande manifestazione, chi vince canta e chi perde spiega, staff tecnico e dirigenza senese (leggi Pianigiani coach e Minucci presidente) hanno suonato un altro spartito, lanciando una crociata sul discutibile arbitraggio sospesa su un filo sottile e deli-cato. Hanno unito alle parole un dossier per immagini sulle fischiate "assassine" della semifi-nale e l’hanno offerto al pubblico dibattito, motivandolo non come protesta (semmai, traspariva l’invito affinchè la facessero propria cronisti e critici al segui-to), né come denuncia di un complotto (ipotesi che, con irrigidito fastidio, i vertici dell’Eurolega hanno respinto). Alla fine, dopo ore di tensione diplomatica, il dvd delle beffe sulle fischiate inique era diventato nelle parole dei senesi una sorte di contributo, diciamo così, scientifi-co, all’analisi della partita, propo-sto in nome del progresso del gioco e della salvaguardia dello spettacolo. In casi simili la tempi-stica resta però sempre sospetta e si potrebbe commentare che, anche accettata la nobiltà d’intenti, contributi ancor più corposi avrebbero potuto dare i vincitori, più che i vinti. Ma Obradovic stava passando la sua ennesima notte di trionfo a far bisbocce. Chi vince canta, appunto".