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Bigazzi e il gatto cucinato: il caso c’è o non c’è? (e si guadagna pure un Tapiro!)
Mer, 17/02/2010 - 12:45 — trendystyle
Un'esagerazione alla base di tutto?
Lo scorso 10 febbraio, il critico gastronomico Beppe Bigazzi, in diretta televisiva alla Prova del Cuoco di Raiuno, ha raccontato la modalità con cui, in passato, si cucinava il gatto, e ha dichiarato che lui stesso lo ha assaggiato più volte.
Come ormai tutti sapranno, l’episodio ha provocato sdegno e proteste da parte dei Verdi, degli Ambientalisti e della Protezione Animali, ma anche di molti telespettatori, che hanno chiesto alla Rai di prendere provvedimenti nei confronti del gastronomo, reo di aver mandato un messaggio particolarmente grave e soprattutto contrario alla legge 281 del 1991, che tutela i gatti come “tutti gli altri animali d’affezione, condannando gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono”.
Dopo pochi giorni la Rai ha quindi deciso di sospendere Beppe Bigazzi dalla Prova del Cuoco, e adesso il popolare critico gastronomico è in attesa di incontrare i vertici dell’azienda per chiarire l’accaduto.
Nel frattempo, però, alcuni hanno evidenziato come l’intento di Bigazzi, nello spiegare la ricetta del ‘gatto in umido’ alla Prova del Cuoco, sia stato più che altro quello di raccontare una tradizione appartenente ad un passato molto lontano, risalente al secondo dopoguerra italiano, quando gran parte della popolazione viveva di stenti e non si faceva troppi problemi nel decidere se mangiare un pollo, un coniglio o anche un gatto.
Qualcuno potrebbe far notare che la descrizione della ‘ricetta’ a base di gatto, a dire il vero piuttosto concisa, è stata accompagnata da un tono quasi compiaciuto del ‘toscanaccio’ Bigazzi, ma ci sembra che il fatto possa essere giustificato dalla consapevolezza, da parte del critico, di raccontare qualcosa di insolito e anche fastidioso alle orecchie dei più giovani, ma pur sempre di veritiero e probabilmente di conosciuto ai più anziani.
Insomma, Bigazzi non avrebbe fatto altro che parlare, sicuramente in modo un po’ troppo rude e forse provocatorio, di una tradizione – se così vogliamo definirla – reale ma comunque ormai morta e sepolta, perché caratteristica di un tempo passato molto distante (non solo cronologicamente) dai tempi in cui noi viviamo.
Intanto, per la sua ‘uscita sui gatti in cucina’ Bigazzi si è pure ‘guadagnato’ un Tapiro, anzi un Tapir-gatto, consegnatogli dall’inviato Valerio Staffelli di Striscia la notizia, per l’occasione travestito da felino.
Ai microfoni del tg satirico, il critico de La prova del Cuoco ha spiegato le sue ragioni, come sempre in maniera schietta e sincera: “Gli animalisti sono un po’ razzisti – ha dichiarato - perché il coniglio si può mangiare? Mangiare il pesce spada è come mangiare un leopardo. Sono dodici anni che in televisione dico che solo dei selvaggi come gli italiani possono mangiare l’agnello da latte, il vitellino da latte, il capretto da latte”.
Poi Bigazzi si è detto dispiaciuto dell’accaduto, e ha spiegato appunto che il suo intento non era quello di invitare gli italiani a cucinare i gatti, ma di raccontare che durante la Seconda guerra mondiale questi felini venivano utilizzati per integrare una dieta inevitabilmente povera.
“Ho raccontato un aneddoto storico. Ho mangiato il gatto, ma in un’altra vita, 70 anni fa - ha spiegato il gastronomo - Più tardi ho mangiato cose che possono sembrare più schifose, come i vermi in Australia, il serpente a sonagli negli Stati Uniti o il coccodrillo in Nuova Zelanda”.
A questo punto, quindi, non resta altro che attendere il chiarimento tra Bigazzi e i vertici della Rai: chissà se l’irriverente critico verrà reintegrato oppure estromesso per sempre dalla Prova del Cuoco?
fermo restando che io un gatto non lo mangerei, ma solo perchè non mi attira...come dice bigazzi, non sbagliando, perchè i gatti no e, ad esempio, i conigli si? queste sono le ipocrisie della civilta moderna e moralista che poi fa una maialata dietro l'altra